Guinea Bissau, i bambini vittime di traffico di esseri umani ritrovano le loro famiglie grazie a un progetto finanziato anche dalla Cooperazione Italiana - la Repubblica

2023-02-15 15:23:28 By : Mr. zhao li ming

ROMA - “Tu mi hai salvato!”. Con queste parole Aruna Candé, una bambina di appena cinque anni, si è gettata tra le braccia di Khady Florence Dabo, Presidente dell’Istituto per le donne e l’infanzia in Guinea Bissau, in visita nel villaggio di origine della piccola. Aruna viveva per strada a Dakar chiedendo l’elemosina sin da quando aveva tre anni. Ha potuto fare ritorno in Guinea e riabbracciare la famiglia, che vive in una zona rurale, grazie al Progetto di Protezione dei bambini che hanno subito violazioni dei diritti (PAPEV), promosso dall’Ufficio per i Diritti Umani in Africa Occidentale delle Nazioni Unite (WARO).

La tratta dei bambini in Africa Occidentale. Il caso di Aruna Candé non è isolato. Nei paesi dell’Africa Occidentale molti bambini vengono sottratti ai genitori da piccolissimi e portati nei paesi vicini a mendicare. Aruna, insieme ad altri ventitré suoi coetanei, è stata vittima di tratta a tre anni. Ha vissuto a Dakar subendo abusi e maltrattamenti. Secondo le ultime stime dell’African Committee of Experts on Children’s Rights and Welfare, tra il 2015 e il 2018 più di seicentomila bambini in questa fetta del continente africano sono stati vittime di traffico transfrontaliero. E secondo le stime riportate da WARO grazie alle storie raccolte sul campo, questo numero è aumentato negli ultimi anni per una serie di motivi che vanno dalla precarie condizioni di sicurezza di alcuni paesi fino alle conseguenze della pandemia di COVID-19, che ha inasprito le già gravi condizioni economiche e sociali in cui vivono molte famiglie.

I centri di aiuto per l’infanzia. Attualmente tra Mali, Guinea, Niger e Gambia ci sono centotrentasette centri residenziali per l’infanzia, con una media di trenta posti ciascuno. Pochi, rispetto ai bisogni. Per questo motivo è stato creato il PAPEV, il Progetto di aiuto all’infanzia, nato grazie ai finanziamenti dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo (AICS) e realizzato in collaborazione con il Centro per lo Sviluppo di Genere della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS). Attualmente il progetto si sta sviluppando in Senegal, Mali, Niger, Guinea, Guinea Bissau e Gambia, con l’intento di fornire anche consulenza legale per avviare riforme a favore della protezione dei minori.

La voce dell’esperto. “I bambini di cui ci prendiamo cura hanno subito talmente tanti maltrattamenti e abusi che manifestano disturbi comportamentali e sintomi da stress post-traumatico", ha raccontato Serigne Mor Mbaye, psicologo clinico, professore all’Università Cheikh Anta Diop di Dakar e direttore del Family Child Guidance Center, come si legge sul sito dell’Agenzia ONU per i Diritti Umani. "Il nostro obiettivo è supportarli da un punto di vista psico-sociale. Li nutriamo, curiamo le ferite, ma questa è la cosa più semplice. La parte più difficile è riabilitarli in modo che possano continuare il loro sviluppo in modo armonioso e integrarsi nella società”.

Il lavoro delle ONG locali. Amic è una organizzazione non governativa basata in Guinea Bissau, che promuove e difende i diritti dei bambini. Questo centro accoglie i piccoli tolti dalla strada nei paesi di confine e li prepara a fare ritorno nelle famiglie d’origine. "Il progetto PAPEV ci ha aiutato a migliorare l'assistenza ai bambini più vulnerabili", ha detto Laudolino Carlos Medina, segretario esecutivo dell'AMIC e coordinatore della rete dell'Africa occidentale per la protezione dell'infanzia in Guinea Bissau. “In Guinea Bissau non c’era niente di simile, spesso abbiamo dovuto portare i bambini in hotel ma era molto costoso. Grazie ai partner, i minori ora ricevono sostegno e possono frequentare corsi e laboratori di formazione. Per esempio: il laboratorio di cucito, quello artistico, quello di cucina e anche delle lezioni per sviluppare le capacità imprenditoriali. Al termine di questi percorsi, i bambini ricevono un kit di reinserimento e con i proventi di queste piccole attività sono in grado di tornare a casa e aiutare le famiglie”. La seconda fase del progetto coprirà il periodo 2023 e 2025 e ha come obiettivo quello di rafforzare i meccanismi di prevenzione del traffico di bambini sia a livello comunitario che a livello statale.